riduzione dell'oblazione per
abuso di necessità
breve da Comitato
Regionale Toscano, est. Giampiero Petteruti
La
normativa sul "condono bis" sviluppata dal legislatore nell'arco di
oltre un biennio (dal DL 468/94 alla L.662/96, attraverso i DD LL 551 e 649 del
1994, la L.724/94, i DD LL nn. 24, 88, 193, 310, 400 e 498 del 1995; nn. 30,
154, 285, 388 e 495 del 1996) ha incupito con nuove ipotesi di nullità il
già fosco panorama della contrattazione
immobiliare.
Più in
generale, i recenti provvedimenti legislativi nei settori a diffusa patologia
hanno rivelato una forte propensione all'utilizzazione della sanzione
civilistica come strumento di articolazione e rafforzamento dell'intervento
normativo: si è assistito, perciò, alla proliferazione dei requisiti di validità negoziale e delle corrispondenti sanzioni di
nullità.
Questo
impiego della furia annientatrice della nullità fa entrare nell'economia
dell'atto di diritto privato un crescente numero di valori di natura
pubblicistica, spostando verso essi l'asse della valutazione comparativa degli
interessi in gioco. Per contro, subisce una compressione la tutela
dell'affidamento e diviene sempre più spesso soccombente l'interesse
dell'acquirente, privato dell'effetto traslativo e caricato, in rapporto alle
prestazioni eseguite, dell'onere di agire in ripetizione.
La
tendenza, già emersa in modo significativo nella legge n.47/85 ed in successivi
provvedimenti, si è ulteriormente
manifestata nella L.724/94 in tema di riduzione dell'oblazione per abuso di
necessità.
Infatti,
l' art. 39 comma 18 L.724/94 impone di allegare all'atto di trasferimento, a
pena di nullità, la ricevuta del versamento della somma costituente la
differenza, maggiorata dell'interesse legale, tra l'oblazione normale e quella
ridotta, quando la riduzione sia
correlata ad opere realizzate al fine di
ovviare a situazioni di estremo disagio abitativo .
L'obbligo
di allegazione è posto in caso di trasferimento entro dieci anni (decorrenti
dall'1.1.1995, giorno di entrata in vigore della L.724/94, ex art.47 stessa
legge) "con atto inter vivos a titolo oneroso a terzi".
Ci si
chiede
·
se l'obbligo di allegazione riguardi anche i trasferimenti
successivi infradecennali,
·
se la nullità sia collegata ai soli abusi totali,
·
se si tratti di nullità sanabile.
Circa il primo
quesito, qualora, in occasione del primo trasferimento oneroso, sia
stato eseguito e dimostrato il versamento delle somme dovute, sembrerebbe
eccessivamente formalistica (ma non per ciò priva di qualunque fondamento) la
tesi della perpetuazione dell'obbligo per tutti i trasferimenti onerosi
infradecennali, poiché, una volta pagato quanto dovuto, il rapporto si
definisce in modo irreversibile, privando di funzione pratica l’ allegazione
reiterata.
Del pari
formalistica sarebbe, però, la soluzione negativa della questione (i.e.: non
necessità dell'allegazione agli atti successivi) fondata sulla pretesa
insurrogabilità del documento di prova, con la sua copia, e che facesse leva
sull' impossibilità di allegare a più di un atto ciò che la legge chiede, e
cioè "la ricevuta", letteralmente intesa come l'originale.
Più
consistente sembra, invece, l'argomento letterale tratto dalla norma in esame,
nella parte in cui fa riferimento non agli atti (successivi) ma all' atto (e
quindi al "primo atto di trasferimento oneroso") , il quale
argomento, avvalorato dal raffronto con le formule di diverso tenore adottate
nell'ambito del quadro normativo di settore (artt.17 e 40 L.47/85, art.6 DL
495/96, art. 2 comma 58 L.662/96), sembra avere il pregio di conferire al
sistema una notevole coerenza, risultando imperniato sullo stretto
collegamento tra presupposto del versamento integrativo ("primo" atto
di trasferimento oneroso infradecennale) e onere documentale (allegazione).
Del tutto
ultroneo appare, poi, il riferimento alla categoria degli atti inter vivos,
poiché quello all' "atto a titolo oneroso" esclude già, in modo
assoluto, l'attribuzione testamentaria, che è essenzialmente gratuita (per
tutti: Santoro Passarelli - Dottrine generali del diritto civile - Jovene 1977,
pag. 225 ),
L'obbligo
di versamento-allegazione, riguardando il trasferimento oneroso, non tocca i
trasferimenti gratuiti, gli atti dichiarativi e quelli abdicativi.
Poiché,
in caso di doppio passaggio, di cui il primo gratuito, potrebbe risultare eluso
l'obbligo, appare problematico stabilire se la sanzione sia "reale",
e quindi capace di colpire anche il trasferimento oneroso infradecennale da
parte dell'avente causa a titolo gratuito, oppure “personale”, e quindi legata
al trasferimento oneroso da parte del richiedente la sanatoria. Sembra più
convincente la seconda soluzione, se è vero che lo scopo della norma è quello
di impedire speculazioni e non di assicurare comunque un gettito.
La norma
parla di "trasferimento". Perciò riguarda l' alienazione, ovvero il
negozio derivativo, anche costitutivo. Non vi rientrano, quindi, gli atti ad
effetti obbligatori, né vi rientra la concessione di ipoteca, in quanto non
sussumibile all'alienazione (cfr Petteruti, Sulla ipotecabilità degli alloggi
ceduti ai sensi della legge n.560 del 1993, in Vita Notarile 1995, pag.527 e
ss).
Vi
rientrerebbe l'espropriazione, dato che il trasferimento coattivo ha carattere
essenzialmente oneroso e determina un acquisto derivativo, ma appare
preferibile escluderla, ancora una volta in considerazione della ratio legis,
che mira ad evitare comportamenti fraudolenti da parte dell'autore dell'abuso e
non di certo a penalizzare il creditore esecutante.
Molto
nebuloso risulta il quadro di riferimento allorché debba stabilirsi l'ambito
oggettivo della norma, in rapporto al tipo di abuso.
Secondo
la comune opinione, il dato letterale orienterebbe per la soluzione più lata,
ovvero per la rilevanza di tutte le riduzioni, e gli abusi minimali,
normalmente ininfluenti sulla c.d. commerciabilità, diverrebbero rilevanti in
presenza della riduzione dell'oblazione in parola. Poiché la sanatoria è
prevista anche per abusi richiedenti la semplice autorizzazione (anzi che la
concessione), verrebbe a risultare
potenzialmente fatale alla validità del negozio ogni sorta di
irregolarità, pur se riguardante manutenzioni straordinarie, opere interne,
ecc,
Il
contemperamento del principio di "tutela del traffico giuridico" con
l' "esigenza di contrastare l'evasione" vedrebbe una netta prevalenza
della seconda, in controtendenza rispetto all'orientamento generale in materia
di violazione urbanistiche.
Le
conseguenze nefaste di tale soluzione sono palpabili, ancor più se si tenga
presente la non sacramentalità della domanda (nel “condono bis”) e la
possibilità che da quella non sia immediatamente attingibile, perché non
esposta, la notizia della riduzione in parola.
La
cennata lettura della norma in esame non sembra condivisibile.
In buona
sostanza, seguire la detta teoria significherebbe conferire alle parti difformi
una forza di contaminazione così elevata da sottrarre anche alle parti conformi
l’attitudine alla circolazione.
E' noto,
per contro, che la teorica sulla rilevanza dell'abusivismo in tema di
commerciabilità sottende l'implicito assunto dell'ininfluenza delle parti
"difformi" sulla commerciabilità delle parti conformi.
La norma
in esame espone due elementi rilevanti per la soluzione del problema, ove da un
lato parla di “immobile sanato” e dall’altro di "opere realizzate al fine
di ovviare a situazioni di estremo disagio abitativo".
E se il
primo elemento, per la latitudine del concetto, potrebbe orientare per la
soluzione più ampia, posto in relazione al secondo sembra assumere un profilo
diverso.
Infatti,
apparirebbe incongruo asserire che i citati esempi delle opere interne o delle
manutenzioni straordinarie possano annoverarsi tra le opere realizzate al fine di ovviare a situazioni
di estremo disagio abitativo .
Paradossale
apparirebbe, poi, la situazione dell’immobile “sanato” per lievi irregolarità,
ma invocando la riduzione in parola, rispetto all’analogo immobile “non
sanato”, dal momento che il secondo potrebbe
validamente trasferirsi (sia pur rimanendo irregolare) mentre il primo,
pur sanato, non potrebbe trasferirsi – tout court - in assenza del pagamento della suddetta differenza.
Vero è
che la norma che si commenta non collega la nullita’ al mancato pagamento della
differenza, bensì alla mancata allegazione della ricevuta di versamento, ma è
altrettanto vero che l’interesse protetto dalla norma è tutelato direttamente dall’obbligo di
versamento e solo indirettamente e strumentalmente dall’obbligo di allegazione.
Sicché,
in conclusione, poiché la riduzione spettava solo per le opere realizzate al fine di ovviare a situazioni
di estremo disagio abitativo e poiché il cennato fine doveva essere stato
conseguito con la realizzazione dell’opera, deve escludersi che se ne potesse
fare applicazione alle opere aventi fine diverso.
Se ciò è
vero, ogni applicazione della detta riduzione al di fuori del detto ambito
risulta indebita ma, anzi che determinare l’estensione del campo di
applicazione della sanzione di nullità, comporta le normali conseguenze
connesse alla erronea autoliquidazione dell’oblazione.
Circa la sanabilità,
pur essendo emersa una linea di pensiero favorevole all’estensione di tale
istituto a tutte le nuove nullità, non pare che possa superarsi il limite posto
dall’art.1423 c.c., se non con una arbitraria (e, allo stato, inaccettabile)
operazione di destrutturazione del sistema.